Lo Smart Working ai tempi del Coronavirus: come una tegola può trasformarsi in opportunità

Il Coronavirus impone alle aziende una doverosa riflessione sul lavoro agile

 

Lo Smart Working ai tempi del Coronavirus: sappiamo bene il disastro che è costituito dal rischio epidemiologico al quale siamo esposti, e che danno farà alla nostra economia e, temiamo, alle nostre attività lavorative. Le crisi trascinano al ribasso tutti i settori, è inutile sperare il contrario.
Però nella sfortuna possiamo intravedere una o più opportunità: lavorative, ambientali e di qualità della vita e del lavoro. Un’opportunità che ha un nome ben preciso: Smart Working. Termine che ha un equivalente anche nella nostra lingua, dove è comunemente noto come lavoro agile o telelavoro (anche se il significato di questo termine si discosta leggermente da quello di smart working). Proviamo ad analizzarle insieme.

 

I vantaggi lavorativi dello Smart Working

Lo smart working, se non diventa il lavoro ovunque e senza limiti, può offrire veramente occasioni di miglioramento della produttività e della qualità del lavoro. Nella mia vita ho avuto la fortuna di avere l’ufficio in casa per circa otto anni: solo vivendo questa esperienza mi sono reso conto di come la mia “produttività”, che si traduce in “intensità di lavoro”, con minori distrazioni e maggiore concentrazione è salita esponenzialmente rispetto alla vita di ufficio (e non ho mai lavorato in un open space…).

 

Lavoro agile e  impatto ambientale

È emblematico che le emissioni di CO2 nell’aria da parte della Cina e delle altre nazioni industrializzate siano calate drasticamente (uno studio finlandese parla addirittura di un quarto) “grazie” al Coronavirus (brutto da dire il “grazie”). È assurdo che dobbiamo aspettare la pandemia per sfruttare le tecnologie che ci permetterebbero di ridurre, ora e senza sforzo, la distruzione del pianeta!

 

Qualità della vita e lavoro: i benefici dello Smart Working

Poter evitare di perdere mediamente un’ora al giorno per spostamenti in auto o mezzi pubblici legati al raggiungimento del luogo di lavoro è sicuramente apprezzabile. Provo a fare un esempio che va oltre. Mia moglie è insegnante di scuola superiore. Stendiamo un velo pietoso sugli strumenti per la formazione a distanza che le scuole offrono ai docenti e rido quando sento il ministro della scuola dire che “siamo pronti”; dopo aver testato le piattaforme gratuite o di venditori di registro elettronico, ho attivato a mia moglie una piattaforma webinar per poter fare lezioni interattive con i suoi alunni. Docenti e ragazzi si sono resi conto che la qualità della lezione, opportunamente preparata e corredata di documentazione, non semplicemente frontale, è drasticamente aumentata. Inoltre, la possibilità di registrare tutta la sessione e renderla disponibile agli studenti, offre la possibilità di approfondimenti inattesi ed impossibili in aula.
Con ciò non intendo affermare che bisogna chiudere le scuole e lavorare solo in aula virtuale, ma che, come ribadito da tutti i guru dell’e-learning, si possa combinare un percorso complementare, questo sì.

 

Riflessioni conclusive sullo Smart Working

Detto ciò, attenzione a due rischi: il primo è il dimenticarsi che abbiamo bisogno di contatto fisico. Non siamo tutti, e nemmeno io, cinestetici, ma le relazioni umane sono altra cosa. Quindi un modello di Smart Working puro e assoluto non mi vede d’accordo. Il secondo rischio è che, passata la buriana, tutto ritorni come prima: no! Sfruttiamo quello cha abbiamo imparato per migliorare il mondo e, lasciatemelo sperare, salvare il pianeta.

Giuseppe Mazzoli
Amministratore Unico di 3CiME Technology

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